Conosce bene la via che conduce alla A. Roberto Stellone il traguardo l’ha tagliato quattro volte già da giocatore e una nella sua breve parentesi da tecnico, spinto in panchina dal Frosinone quando era chiaro che i suoi muscoli, spesso fragili, non avrebbero retto nel suo ultimo anno di contratto. L’intuizione aprì a Stellone uno scenario mai visto prima, dopo una lunga vita da attaccante con l’aria spesso indolente ma già con l’occhio tattico verso il compagno da aiutare o un particolare da aggiustare. L’impatto fu speciale, tradotto nello scudetto di Lega Pro che la sua Berretti nel 2012 vinse nella finale di Monza battendo due a zero il Cuneo. Era chiaro che Stellone, il più serio candidato alla successione di Delneri al Verona, avesse qualcosa in più degli altri. Di maestri d’altronde ne aveva avuti parecchi: De Canio alla Lucchese, Sonetti a Lecce prima di Novellino, Zeman, Mondonico, di nuovo De Canio e Colomba a Napoli, ancora Colomba e Camolese alla Reggina, Cosmi al Genoa più Arrigoni, Zaccheroni, De Biasi e ancora Novellino a Torino. La B l’ha conosciuta in lungo e in largo, vincitore con Lecce, Napoli e Torino ma in teoria anche col Genoa nel 2005 quando il verdetto del campo fu annullato da quello della Corte di Giustizia Federale per la combine nella partita col Venezia. Stellone aveva segnato 18 gol in coppia con Diego Milito, ma ad agosto il Genoa ripartì dalla vecchia C1.SENZA SOSTA. La sua striscia vincente, dopo la Berretti, proseguì in Lega Pro e in B, promosso alle spalle rispettivamente di Perugia e Carpi col secondo miglior attacco del campionato. In allenamento non era certo un mostro di applicazione, ma Stellone è la dimostrazione di come la vita possa cambiare da così a così una volta passati dall’altra parte della barricata. Dove il sudore e il gruppo vengono prima di tutto. La sua manovra, variabile dal 4-4-2 al 4-3-3, è pratica e parecchio sbrigativa. L’estetica è importante, ma la praticità viene prima. Stellone d’altronde ha imparato proprio a Frosinone a lavorare con quel che passa il convento, dove di stelle non ce ne sono mai state.STRETTA FINALE. Il Verona lo sta monitorando e studiando con attenzione. «Il contatto c’è stato, altri ancora ce ne saranno», ha ammesso Stellone, che negli ultimi giorni ha chiuso la porta del Bari pronto a garantirgli un triennale. Stellone ha già pronto il suo staff, in gran parte quello di Frosinone. Il suo vice è Giorgio Gorgone, il tattico per eccellenza, mediano di lungo corso con due stagioni anche al Chievo, dal 2000 al 2002, proprio sotto Delneri. Con lui il collaboratore tecnico Andrea Gennari e probabilmente Vincenzo Sicignano come preparatore dei portieri, gli ultimi quattro campionati al Palermo e compagno di squadra di Stellone ai tempi del Frosinone.NIENTE RITIRO. Stellone è più giovane di Toni, 39 anni il prossimo 22 luglio ma con spalle già sufficientemente larghe per affrontare «un campionato di B per vincerlo», come ha specificato giovedì nel suo addio al Frosinone, ponendo una condizione chiara. I suoi metodi sono spiccioli anche fuori dal campo. Sua la decisione di abolire il ritiro, anche in A. I giocatori, prima delle partite in casa, si ritrovavano solo in tarda mattinata. Parecchio concreto Stellone, sempre sovradimensionato per la B dove faceva il bello e il cattivo tempo ma mai davvero in grado di sfondare al piano di sopra anche se il Toro gli consegnò per tre anni una maglia da titolare. Il ragazzo prometteva molto agli esordi, chiamato giovanissimo dal favoloso Parma di Malesani, Buffon, Thuram, Crespo e Veron. Sei mesi di panchina, senza vedere il campo, prima di andare a Lecce e conquistarsi la A. Specialista in promozioni. Non solo a Frosinone.
(Fonte: L’Arena)