La linea del traguardo l’ha posizionata parecchio avanti, come d’altronde ha sempre fatto nella sua vita. Luca Toni continuerà ad essere un patrimonio del Verona, per adesso affiancando il presidente Maurizio Setti come per i preparativi della sfida tra Italia e Finlandia e per tutto quello che sarà da qui in avanti la vita della società. Un ruolo da consigliere nelle riunioni operative con i responsabili delle varie aree della società, per le nuove maglie, per la campagna abbonamenti. Fame e ambizione, concetti che l’hanno reso un grande del calcio, li ha conservati anche in pantaloni eleganti e giacca in questi primi giorni di apprendistato alla ricerca di un ruolo ancora da decifrare. Toni sa di dover correre parecchio ma ha tanta voglia di imparare.GRANDE PATRIMONIO. Il Verona sa di avere in casa una risorsa immensa, capace di tutto perché valori come dedizione, passione, voglia di lavorare, umiltà e pazienza sono trasferibili da un campo di calcio a qualsiasi ufficio non solo di una società sportiva. La carta che l’Hellas ha in mano è un asso capace di vincere tante partite anche senza indossare la maglia numero nove. Pochissimi club, anche in Serie A, hanno nel proprio organico un campione di questa portata, al di là di Javier Zanetti adesso vicepresidente dell’Inter dopo un percorso che ha toccato più settori, vivendo passo dopo passo la società. Proprio come ha intenzione di fare Toni. CAMMINO ELASTICO. Scelta intelligente, la sua, di non autoassegnarsi una carica se non a medio termine così come quella del Verona di non dargliene una già il giorno dopo il suo addio con la Juve. Toni aspirante dirigente è una potenziale miniera ma tutta da scoprire, senza una competenza già acquisita e preclusione alcuna se non quella di fare l’allenatore «perché quelli della mia età invecchiano ad una velocità cinque volte superiore alla mia», giusto per usare le sue parole, pensiero indirizzato ai vecchi amici campioni del mondo Inzaghi, Oddo, Gattuso, Camoranesi, Cannavaro, Materazzi, Nesta e Barone che hanno scelto di accomodarsi in panchina, ispirato soprattutto da qualche capello bianco e la faccia tirata di Inzaghi nella stagione al Milan. «Se Toni dice così vuol dire che è sulla strada giusta, è già un saggio uomo di calcio. Scherzi a parte, ha tutto per diventare un grande dirigente», la convinzione di Cesare Prandelli, uno che Toni l’ha conosciuto a lungo negli anni belli di Firenze quando vinse il Mondiale del 2006, diventò Scarpa d’Oro e capocannoniere della A con 31 gol. Certi numeri varranno anche al Verona, anche lontano dal campo. La settimana sarà diversa dal solito, a primavera dopo una giornata in sede s’abbronzerà meno rispetto a quel che garantiva un allenamento al giorno sotto il sole.IL PRIMO GOL. L’Hellas costretto a ripartire dalla B avrà comunque un campionissimo dalla sua parte, uomo di calcio come pochi e con tanta voglia di cambiarlo come ha lasciato più volte intendere. Perché in effetti è «incredibile che uno come Baggio sia lontano da questo mondo» e perché «io quando avevo bisogno di confrontarmi con qualcuno al Bayern parlavo con Rummenigge», stilettate dirette ad un’Italia ancora ferma a vecchie e statiche concezioni. Lunedì s’è preso l’ennesimo applauso del Bentegodi, premiato dal presidente federale Carlo Tavecchio e dal sindaco Flavio Tosi per i suoi anni dati al calcio in cui sono compresi anche i tre al Verona. Una targa che vale molto, ricevuta mentre con la coda dell’occhio avrà guardato verso Graziano Pellé, centravanti dell’Italia come lo era lui dieci anni ai tempi del Mondiale di Germania. La vita che attende Toni è nella sede del Verona, dove con naturalezza, settimana dopo settimana, capirà quel che vuole fare da grande.
(Fonte: L’Arena)