È il ritorno al passato di chi sta progettando il futuro. Giampaolo Pazzini ritrova la B dopo dodici stagioni e 107 gol in Serie A. Giovane promessa nell’Atalanta del 2003, bomber affermato nel Verona che nell’estate del 2016 si prepara agli esami di riparazione nel ritiro di Racines. Vento gelido, freddo e ogni tanto un po’ di pioggia per rinfrescare anime e corpi. La neve sulle cime delle montagne che incorniciano la Val Ridanna ha trasmesso un senso di serenità all’attaccante gialloblù. «Finalmente abbiamo ricominciato, era quello che volevo – ammette – siamo tornati in campo e vogliamo ripartire. Ci aspetta una stagione molto intensa ma noi ci siamo».La retrocessione brucia ancora?«Difficile cancellare tutto con un colpo di spugna. Non pensavo potesse finire così, mi aspettavo una stagione completamente diversa, avevo visto tanto entusiasmo alla presentazione. Invece è andato tutto storto».Pensavate di farcela?«Sì, nessuno ha mollato fino alla sentenza definitiva. Purtroppo abbiamo sbagliato tante partite decisive, sfortunati anche per alcuni episodi negativi. C’erano i margini per farcela ma non abbiamo mai invertito la rotta».Quando avete capito che era finita veramemente?«Non so i miei compagni di squadra, io dopo la sconfitta in casa con il Frosinone. Avevamo perso con il Carpi ma poi eravamo andati a Bologna a vincere. Ci stava il ko del San Paolo con il Napoli ma una vittoria con la squadra di Stellone ci avrebbe riportato in quota. Non è andata così».Si volta pagina, si riparte dalla B…«Ho giocato solo un anno in B, con la maglia dell’Atalanta. Un giovane attaccante che cercava spazio. Alla fine arrivò la promozione. La dirigenza aveva puntato sulla linea verde e su alcuni veterani come Bernardini, Marcolini, Taibi che non ci facevano mai mancare il consiglio giusto al momento giusto».Farà lo stesso Pazzini con i baby gialloblù?«Certo, fa parte del mio ruolo. Cercherò di rendermi utile, di trasferire un po’ di esperienza a questi ragazzi che dimostrano non solo buone qualità ma anche tanto entusiasmo».Non è facile rimanere in B dopo anni di A…«Sento di poter dare ancora qualcosa a questa squadra, a questa gente. Ho sempre sentito intorno a me grande rispetto, la società mi ha dimostrato ancora una volta fiducia vera. Questi sono i valori che ti fanno guardare avanti con serenità. Verona merita la A, cercheremo di tornarci insieme».Come si vince la B?«Sono passati tanti anni dalla prima volta. Mi sembra che la qualità sia un po’ scemata ma si tratta di un campionato molto lungo, difficile, con tante squadre che hanno carattere, intensità, fame. Noi dobbiamo essere soprattutto gruppo, compatti dal primo all’ultimo minuto».La fascia da capitano sarà uno stimolo in più?«Una bella responsabilità, non posso che essere soddisfatto anche se ci sono altri compagni che meritano questa fascia. Un grande onore. Fin da quando sono arrivato ho capito che cosa vuol dire calcio a Verona, la passione che si respira non solo allo stadio ma anche in città sette giorni su sette».Erede di Toni, in campo e nello spogliatoio?«Un’eredità pesante basta ripensare a quello che ha fatto Luca nella sua carriera, non solo a Verona. Però lui è ancora qua, anche se non scenderà in campo. Sono contento sia rimasto. Sarà un esempio per tutti».Che squadra sta nascendo?«Difficile fare previsioni troppo azzardate adesso. Le primi indicazioni sono buone. Ho visto tanti ragazzi che hanno voglia di fare bene, quelli che sono rimasti non vedono l’ora di riscattare una stagione da dimenticare, quelli che sono arrivati desiderano ritagliarsi un ruolo importante in questo campionato e in questa squadra. Lavoriamo per costruire un gruppo solido, pronto a superare le difficoltà e gli ostacoli che si presenteranno».Che attaccante vorrebbe essere Pazzini?«Quand’ero giovane cercavo di dare una mano alla squadra, mi dannavo l’anima da una parte all’altra del campo ma ho capito con l’esperienza che, per un attaccante, conta soprattutto buttarla dentro. Ho spostato in avanti il mio baricentro, in area di rigore. Non aspettatevi da me dribbling e contro dribbling e tiri da fuori area. Ho un buon fiuto del gol, cerco di farmi trovare pronto, di sfruttare il lavoro di una squadra che crea tante occasioni, più palloni arrivano, più facile è segnare».Ha giocato con tanti giocatori, ha incontrato tanti campioni. Un esempio da seguire?«Del Piero, sicuramente, anche se non aveva le mie caratteristiche. Poi Trezeguet, Batistuta, Crespo… Non mancavano i bomber di razza quando mi sono affacciato al calcio che conta».Una manciata di presenze in Nazionale, qualche rimpianto per l’azzurro che non c’è più?«No, rimpianti no. Quando sono stato chiamato ho meritato la convocazione perchè stavo facendo bene. Forse potevo mettere insieme qualche gettone di presenza in più ma sono contento di quello che ho fatto».Pazzini si è ridotto l’ingaggio per restare a Verona. Una scelta controcorrente?«Una scelta che viene da lontano. Già la sera del 15 maggio scorso, uscendo dallo stadio di Palermo, all’ultima di campionato, avevo deciso di rimanere. E comunque già l’anno scorso, quando ho firmato un contratto così lungo con il Verona, avevo un pensiero ben preciso. L’Hellas non sarebbe stata una stazione di passaggio ma di arrivo. E non mi ha fatto cambiare idea la stagione sfortunata e la retrocessione».Pazzini e Verona?«Sto bene, mi sono inserito bene così come mia moglie e mio figlio. L’anno scorso, purtroppo, non mi sono goduto le bellezze di questa città fino in fondo. Visti i risultati in campo e la squadra in quella posizione di classifica non c’era tanta voglia di andare in giro a fare festa, a divertirsi. I risultati negativi pesavano sul nostro umore. Speriamo di rifarci quest’anno».Una promessa?«Meglio non fare troppe promesse adesso però vi assicuro che ci sto pensando anzi vi prometto che la prossima volta vi farò una promessa…»