Da Mandorlini ai tifosi, da Viviani a Pazzini. Passando per il sistema di gioco, Corrent e il mercato. Fabio Pecchia racconta le sue sensazioni alla fine del primo ritiro alla guida dell’Hellas, due settimane a Racines buone per conoscere quel gruppo che deve guidare in alto nel prossimo campionato di Serie B. Tra soddisfazioni ed emozioni positive, senza mai togliersi dalle responsabilità e con una parola chiave sempre in mente: il gruppo.Mister, qual è il primo pensiero alla fine di questa prima fase del ritiro?«Che sono contento: abbiamo finito un primo step senza grossi intoppi a parte quello di Gomez, la squadra ha lavorato con carichi importanti ma al di là della parte fisica abbiamo gettato le basi per costruire un gruppo forte».È proprio la parola che sentiamo più spesso…«Continuo a ripetere la stessa cosa, non voglio essere noioso ma noi dobbiamo creare un gruppo fortissimo, su valori importanti poi possiamo costruire una squadra che sa giocare a calcio e che soprattutto sa vincere, altrimenti non si va da nessuna parte». In questo momento questa squadra sulla carta sembra avere pochi rivali.«La carta conta fino ad un certo punto, anzi molto poco perché poi servono i risultati. Io gestisco i giocatori che ho a disposizione senza pensare ad altro, li alleno tutti e sono geloso dei miei ragazzi fino a quando vestono la nostra maglia e sono sul campo con me. In ogni caso ripeto che sono davvero soddisfatto di tutti, dal più giovane al più vecchio del gruppo».L’incertezza sul futuro di Viviani pesa? «Ho detto che costruiamo la squadra su di lui ma anche su Pazzini, su Helander e su tutti gli altri. Su Bianchetti, su Pisano… Chiaro poi che chi gioca in quella posizione in cabina di regia ha un peso diverso ma la mia idea è di costruire un gruppo forte su tanti giocatori importanti che ci sono all’Hellas».Alla fine resterà o se ne andrà?«Anche Federico è importante e di lui si parla tanto ma io penso sempre all’intero gruppo e di mercato non mi occupo».Molto, nel futuro del Verona, dipenderà anche dalla vena realizzativa di Pazzini.«Sono strafelice del Pazzo, della sua condizione e del suo atteggiamento: ha lavorato benissimo mettendo grande voglia in tutto quello che fa. Ma, ripeto, come lui voglio dire grazie a tutti per come hanno iniziato la stagione. Se il buongiorno si vede dal mattino direi che le premesse ci sono tutte per poter far bene».Dal 4-3-3 di Mandorlini al 4-3-3 di Pecchia che cosa cambia?«Non lo so, ognuno ha la sua idea di calcio e cerca di applicarla alla squadra che allena. Mandorlini ha fatto grandissime cose qui a Verona, per me sarebbe un onore ripetere il lavoro che ha portato avanti qui in diversi anni. Adesso al di là della filosofie personali la squadra è cambiata molto rispetto alle ultime stagioni, io cerco solamente di sfruttare al meglio le caratteristiche dei giocatori che ho a disposizione».A che punto è il suo Verona?«Volevo che iniziassimo ad imparare a soffrire insieme e a muoverci da squadra, lo stiamo facendo e ne sono davvero contento. Ovviamente dobbiamo migliorare su tanti aspetti e questo lo sappiamo tutti, ma direi che in generale siamo a buon punto anche se la strada è ancora molto lunga».Contro il Sudtirol, nell’ultima amichevole disputata, gridava spesso di essere più cattivi sotto porta…«Non lo scopro certo io: fare gol è la cosa che nel calcio conta di più. Abbiamo creato moltissime occasioni ma segnato poche reti in relazione al volume di gioco».Quindi?«Quindi dobbiamo imparare a migliorare quando arriviamo in area avversaria».Sorpreso dalla passione della gente?«La mia scelta era consapevole: sono nel calcio da vent’anni e conosco bene l’ambiente che si respira al Bentegodi e attorno all’Hellas. E poi ho Nicola Corrent, il mio assistente di cui sono davvero contento. È lui che mi istruisce quotidianamente sull’ambiente ma per me non è una sorpresa. Per noi deve essere un ulteriore stimolo per fare grandi cose, in ogni partita dovremo dimostrare di meritare tutto questo affetto».
(Fonte: L’Arena)